Mercato

Preconsuntivo incoraggiante, con qualche ombra per i costruttori italiani di macchine, attrezzature e stampi per plastica e gomma

In base alle stime del Centro Studi Amaplast-MECS, la produzione italiana di macchine per plastica e gomma dovrebbe raggiungere quest’anno il nuovo record storico per il settore, ovvero oltre i 4,8 miliardi di euro, mettendo a segno un incremento di almeno tre punti sul 2022.

Questo grazie soprattutto al buon andamento dell’export, che ha mostrato un progressivo rafforzamento nei nove mesi finora rilevati da ISTAT, registrando una progressione del 13% rispetto al gennaio-settembre 2022. Nello stesso periodo, le importazioni sono aumentate del 6% mentre il saldo attivo della bilancia commerciale è migliorato del 16%.

Le esportazioni – a cui è destinato oltre il 70% della produzione nazionale di settore – mostrano una crescita robusta in funzione del positivo andamento di tutte le principali tipologie di macchinari per la trasformazione primaria e di quelle che costituiscono le quote sul totale più elevate, dunque gli stampi (24% di share e +14% rispetto al gennaio-settembre 2022), gli estrusori (12% e +22%), le macchine a iniezione (5% e +2%), quelle per soffiaggio (4% e +17%) ma anche le macchine per formare e modellare (4% e +22%), le stampatrici flessografiche (4% e +18%), le macchine per materiali espansi (4% e +40%).

Dal punto di vista geografico, l’Europa si conferma primo quadrante di destinazione del Made in Italy di settore, con una quota complessiva pari al 56%; in tale ambito, l’UE rappresenta il 45% e proprio le vendite realizzate in alcuni dei principali mercati dell’Unione mostrano gli andamenti più positivi: Germania (+7%), Francia (+23%) e Spagna (+19%). Inoltre, proprio due mercati UE rientrano nella “top ten” degli sbocchi commerciali, alla luce di forniture in deciso aumento: la Romania (+71%) e la Repubblica Ceca (+38%). Si osserva anche una forte progressione delle consegne in Russia, nonostante le ben note criticità: +61%.

Più che soddisfacente il trend delle esportazioni verso le Americhe (+24%), grazie sia a un nuovo slancio dei mercati USMCA – in particolare il Messico – sia alla perdurante vivacità di diversi mercati sudamericani, in primo luogo il Brasile, l’Argentina e il Perù.

In ambito mediorientale si osserva un trend medio piuttosto positivo, determinato dalla progressione delle vendite a due dei principali mercati: Arabia Saudita (+107%) e Israele (+47%).

Le esportazioni verso l’Estremo Oriente registrano nel complesso una brusca frenata (-12%), derivante in primo luogo dalla contrazione di due mercati principali – ovvero Cina (-15%) e India (-6%) – ma anche di altre destinazioni di un certo rilievo, come Corea del Sud (-61%), Giappone (-47%) e Taiwan (-68%). Il contemporaneo picco di vendite alla Tailandia (+140%) e all’Indonesia (+81%) non è stato sufficiente a controbilanciare le perdite citate, ma ciò ovviamente dipende anche dal diverso peso assoluto che i diversi sbocchi hanno sul totale.

Alla luce dell’ottima performance di vendite registrata nel gennaio-settembre 2023, l’Africa nel suo complesso arriva a sfiorare una quota del 6% sul totale; in particolare, risultano fortemente incrementati i flussi verso tutti i Paesi che affacciano sul Mediterraneo e, nell’area del sub-Sahara, verso Sudafrica e Nigeria, solo per citare le prime due destinazioni per consistenza, con valori più che raddoppiati rispetto a un anno fa.

Al di là di ciò che si osserva dalle statistiche import-export, le preoccupazioni delle aziende italiane del settore sono dovute al progressivo rallentamento della raccolta ordini negli ultimi mesi. Peraltro, sul finale del 2022, nessuno avrebbe scommesso sui risultati del 2023: si temeva una crisi della domanda già dai primi mesi dell’anno, che si è invece verificata nella seconda metà del periodo.

Del resto, diverse sono le criticità sul fronte economico e geopolitico che caratterizzano il contesto internazionale. Al rimbalzo post-pandemia – che ha comunque confermato la capacità del settore di reagire alle avversità, soffrendo meno di altri comparti i contraccolpi negativi che si sono verificati – sono seguiti diversi elementi di crisi: dai conflitti allo shortage di componentistica elettronica (ma non solo) e alla volatilità dei prezzi di materie prime ed energia, dal rallentamento di alcune economie globali (come quella tedesca, strettamente collegata all’italiana) all’aumento di inflazione e costo del credito. Se i prezzi di alcune commodity si sono riportati su livelli più accettabili, permane comunque una incertezza di fondo che continua a rendere difficile la programmazione degli investimenti da parte delle imprese, che risultano in frenata quest’anno e che dovrebbero fermarsi il prossimo.

Il Centro Studi CONFINDUSTRIA prevede che il PIL italiano dovrebbe crescere di appena lo 0,7% nel 2023 (variazione perlopiù acquisita nella prima metà dell’anno e affievolitasi nell’ultimo periodo); nel 2024 potrebbe andare peggio, con un +0,5%. A conferma del clima di incertezza, osservando le risposte fornite dalle aziende associate alle indagini congiunturali sui primi tre trimestri di quest’anno si nota che il fatturato realizzato con la vendita di macchine sul mercato domestico si è contratto rispetto a quello dello scorso, in misura sempre più accentuata con il passare dei mesi; quello derivante dalle forniture ai clienti stranieri si è invece confermato in crescita, pur con intensità minore nel terzo trimestre.

Il mercato interno non ha dato soddisfazione ai costruttori italiani neppure per quanto riguarda la raccolta degli ordini che, nel gennaio-settembre 2023, si è mantenuta a livelli decisamente inferiori a quelli dello stesso periodo del 2022. L’indicatore risulta invece positivo per quanto riguarda le commesse degli utilizzatori stranieri, pur con un trend in progressiva attenuazione.

In effetti, il rallentamento della domanda domestica può considerarsi in una certa misura fisiologico, in particolare dopo il picco verificatosi nel 2021, sostenuto dalle misure a favore degli investimenti. “Proprio per far fronte alle sfide dei mercati – sottolinea Massimo Margaglione, Presidente Amaplast – è sempre più fondamentale per le aziende intraprendere percorsi di evoluzione digitale, applicando quei modelli che regoleranno il futuro di tutta la meccanica strumentale e che rivoluzioneranno le strutture organizzative e di offerta. Alla digitalizzazione – prosegue Margaglione – si unisce la servitizzazione che, oltre a favorire e ottimizzare le relazioni di filiera – cioè i rapporti tra fornitori di tecnologie, costruttori di macchine e utilizzatori finali – offre benefici anche in termini di sostenibilità. Un’altra realtà nuova e in rapida evoluzione – conclude Margaglione – con cui le imprese si confrontano non senza qualche difficoltà proprio alla luce dei continui aggiornamenti, è quella dell’intelligenza artificiale generativa, che offre un potenziale applicativo ancora da comprendere appieno”.

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