Gommisti

Pfu: il Decreto End of Waste e i piazzali pieni dei gommisti – intervista a Giovanni Corbetta, direttore Ecopneus

I pneumatici fuori uso stanno vivendo un 2020 tra luci e ombre: sono stati recentemente pubblicati 2 Decreti a riguardo con importanti novità, ma abbondano nei piazzali dei gommisti. Abbiamo fatto il punto della situazione con Giovanni Corbetta, direttore Ecopneus, che ha parlato di questi e altri temi.

Partiamo dal decreto End of Waste. Cosa rappresenta questo Decreto? Perché è così importante?

Il Decreto End of Waste è, sostanzialmente, una patente ufficiale, chiara, che certifica la possibilità di utilizzo del granulo di gomma come materiale che non provoca danni all’ambiente e alle persone e indica gli ambiti di utilizzo, togliendo tutti i dubbi del passato. Ci sono voluti quasi 6 anni e il lavoro di moltissime persone e istituzioni perché questo decreto vedesse la luce, ma oggi possiamo finalmente affermare che negli usi consentiti, il polverino di gomma non è dannoso all’ambiente e alle persone.

Alla base di questa affermazione c’è anche un importante studio che lo dimostra, finanziato da Ecopneus e condotto dall’Istituto Mario Negri, uno dei più importanti istituti per la ricerca sulla salute delle persone. Volevamo essere moralmente sicuri di non promuovere applicazioni non corrette e ora lo siamo. Questo studio è arrivato persino alle Istituzioni ambientali degli Stati Uniti, che non ci risulta l’abbiano contraddetto o contestato.

Quali sono le principali novità del Decreto?

Una delle principali novità è sicuramente l’obbligo per gli impianti di trattamento di dotarsi di un sistema per il lavaggio dei Pneumatici Fuori Uso in ingresso idoneo ad eliminare le impurità superficiali. È evidente che questa iniziativa migliorerà in modo importante la qualità dell’output dell’impianto. Ci sono, infatti, casi in cui la presenza di ghiaia macinata all’interno del granulato non dà inconvenienti, ma in altre si: penso, ad esempio, al bitume dell’asfalto e alle mescole.

Un’altra importante novità è il controllo qualità, con l’istituzione di campionamenti e analisi sul materiale riciclato in uscita, argomento che è legato al precedente e che, insieme alla certificazione del produttore su ogni lotto di produzione del materiale riciclato, continua ad andare nella direzione di una miglior qualità produttiva.

Con questo decreto prenderà grande spinta la produzione di asfalto modificato. Con la situazione delle strade italiane che oggi è pressoché disastrosa, un prodotto qualitativamente superiore come questo migliorerebbe di gran lunga la situazione: monitoriamo costantemente alcune strade, circa 500 chilometri, che sono state realizzate con asfalto modificato e le performance sono nettamente migliori rispetto a quelle prodotte con asfalto tradizionale, sia dal punto di vista della riduzione del rumore, sia da quello della durata. Negli Stati Uniti e in Canada ci sono strade realizzate con questi metodi che durano 20 anni, contro i 7-8 anni di una strada normale, perché aggiungendo polverino si garantisce quell’elasticità al bitume che permette che non si creino fessure e, di conseguenza, buche.

Specialmente per l’Italia, proprio a causa dello stato in cui versano le strade, questo Decreto è l’atto di nascita di un’applicazione che piazzerà buoni quantitativi di polverino.

Infine, una novità di carattere burocratico: il Decreto va a sostituire le normative locali, che spesso avevano un linguaggio poco chiaro e cambiavano da regione a regione, se non addirittura da provincia a provincia. Finalmente ora c’è una norma unica valevole per tutta Italia.

Possiamo dire che si apre una nuova era per i PFU quindi?

Assolutamente si. Considerando anche il Decreto 182, sicuramente il clima intorno ai PFU è migliorato, anche se c’è ancora molto lavoro da fare. Vorrei sottolineare che il sistema di gestione dei PFU non porta solo benefici all’ambiente, ma anche all’economia: dal 2006, ma soprattutto dal 2011 in poi, sono nati circa 1.000 posti di lavoro nella filiera.

I gommisti, tuttavia, hanno i piazzali pieni.

È vero, questo è un grosso problema. Sono dispiaciuto che Ecopneus venga additata come principale colpevole di questa situazione, ma capisco che succede perché è il più grande consorzio a livello italiano. Il problema non fa capo né a Ecopneus, né ai suoi “concorrenti”. Il principale problema è il nero. Se in una vasca entrano ed escono 1 litro acqua al minuto, il livello sarà sempre lo stesso. Ma se ci fosse un rubinetto invisibile che butta nella vasca mezzo litro al minuto in più, l’acqua fuoriesce. Succede la stessa cosa con il ritiro dei PFU: i consorzi non riescono, neanche volendo, a recuperare più dell’immesso che è stato ufficialmente dichiarato e su cui sono anche stati calcolati i valori dei contributi.

Purtroppo il nero sembra ulteriormente favorito dalla situazione di crisi generata dal coronavirus, con la capacità di spesa che si riduce da parte dei consumatori e la necessità del gommista di incassare il più possibile. Il boom della vendita di pneumatici usati risponde a queste necessità e qui si genera una bella fetta del problema “nero”.

Una possibilità potrebbe essere eliminare il contante nella compravendita di pneumatici, cosa che renderebbe completamente tracciabile il passaggio di denaro. Parlando di tracciabilità, un’altra possibilità potrebbe essere proprio quella di tracciare il pneumatico, se non si vuole tracciare il denaro.

Quello che è importante sottolineare è che il nero genera concorrenza sleale: chi fa nero è in posizione di netto vantaggio rispetto a chi è onesto e questo permette la sopravvivenza di soggetti che in un regime normale non riuscirebbero a resistere.

Pensa che questa situazione si possa risolvere in un immediato futuro?

Se con immediato futuro si intende l’autunno, no. Prevediamo un autunno molto caldo per il mondo dei gommisti, con i piazzali pieni. Guardando le cose dal punto di vista positivo, mi auguro che questa situazione porti a dei controlli. I mali del mercato esistono, infatti, perché i controlli sono inesistenti.

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