Mercato

Verso il nuovo regolamento sui PFU – Intervista a Roberto Bianco, Greentire

Il parere favorevole espresso nei giorni scorsi dal Consiglio di Stato (n.873 del 20 marzo 2019) sembrerebbe avvicinare la pubblicazione del “nuovo” regolamento per la gestione dei PFU che il mercato attende da tempo. Ne abbiamo parlato con Roberto Bianco, presidente di Greentire.

L’approvazione del Consiglio di Stato rappresenta un importante passo avanti verso la revisione del regolamento di gestione dei PFU?

Si, anche questo fondamentale passaggio risulta compiuto, anche se alcune osservazioni presenti nel parere meriterebbero, a mio giudizio, un chiarimento prima della pubblicazione del nuovo regolamento. Mi riferisco espressamente al punto in cui la Sezione ribadisce una posizione in merito – e cito letteralmente – alla natura del contributo ambientale prestazione imposta dalla legge agli acquirenti degli pneumatici e alla conseguente necessità che la valutazione da parte dell’Amministrazione della congruità del contributo, anche dal punto di vista del rispetto dei limiti che giustificano la prestazione imposta agli utenti finali, sia espressa in un atto di approvazione, come tale sottoposto all’ordinario regime di impugnabilità degli atti amministrativi.

In termini pratici, cosa significa?

L’osservazione parrebbe indicare al Ministero la necessità di approvare formalmente il contributo ambientale indicato dai vari soggetti gestori. E se un valore deve essere approvato, immagino si dovranno fissare dei parametri. Tale importo, come noto, è la risultanza di diverse attività previste tra cui la spesso trattata raccolta, al molto meno analizzato recupero, per non parlare aspetti quali la ricerca e lo sviluppo.

Credo sia evidente per tutti che recuperare energia in un cementificio abbia un costo significativamente inferiore rispetto al riciclaggio (dove si recupera la materia).

Perché quindi – argomento che da sempre sostengo – non fare in modo che il contributo ambientale preveda dei parametri finalizzati a premiare chi raggiunge risultati oggettivi in tale unico virtuoso settore? Lo stesso vale per la ricerca o lo sviluppo. Personalmente, ho letto comunicati stampa e news riguardanti “progetti di ricerca”, che tutto mi sembravano fuorché tali.

Il nuovo regolamento risolverà i problemi della mancata raccolta?

E’ un tema complesso. Come noto, la normativa non impone delle regole organizzative valide per tutti i consorzi (o agli altri soggetti parimenti obbligati), lasciando significativa libertà in tal senso. Il dato esperienziale mi sembra indichi che – qualsivoglia sia la regola organizzativa scelta – alcuni problemi di ritiro sussistono. Ai gommisti non interessa il fatto che tali mancati ritiri siano imputabili all’esaurimento delle quote disponibili dei gestori, e cercano di risolvere il loro problema, a volte per per disperazione, utilizzando leve “commerciali”.

Greentire, che gestisce con continuità il servizio durante tutto l’anno, cerca di riservare parte dei propri volumi per i casi limite, ad esempio ove ordinanze intimano al gommista di liberare gli stoccaggi, ma tali attenzioni non possono certo risolvere il problema.

Sul punto, peraltro, peraltro, si afferma che la causa di tutto siano le vendite “in nero” di pneumatici nuovi. Il fenomeno del “nero” è evidente che sia presente e sia di rilevanti dimensioni; sono, però, convinto che ci siano anche altri fattori, ad esempio possibili errori nel calcolo dell’immesso del nuovo e, conseguentemente, del target di raccolta dei consorzi.

Tutti gli operatori del settore sanno che il peso medio degli pneumatici è, negli ultimi anni, aumentato; siamo certi che di detto aumento si sia sempre, tempestivamente ed annualmente tenuto conto?

Vero è, a quanto mi è dato sapere, che il nuovo regolamento dovrebbe aver considerato questa problematica, richiedendo non solamente il dato di immesso in peso, ma anche in numero di pneumatici. Probabilmente tale procedura non risolverà completamente il problema, residuando problematiche in relazione all’immesso, ma ritengo sia un intervento nella giusta direzione.

E’ d’accordo sul principio che la raccolta debba avvenire, non solo su base nazionale, ma anche con criteri percentuali definiti?

Sono talmente d’accordo che ritengo corretto prevedere la raccolta anche presso quei punti di generazione che non sono quelli tipicamente serviti.

Esistono grandi aziende di rilevanza nazionale (ove non addirittura internazionale) che, pur avendo un altro core business, comprano, nel rispetto della normativa, pneumatici nuovi per le loro flotte e necessità ma, quando richiedono la raccolta degli PFU, risultano discriminate perché, ad esempio, il loro codice ateco non è quello riferibile alla riparazione e sostituzione degli pneumatici. Peraltro, detto codice mi risulta essere una classificazione delle attività economiche per altri fini, ossia statistici, fiscali e contributivi.

Circa il ritiro su base nazionale, esiste un preciso obbligo normativo, che dovrebbe essere rafforzato nel nuovo regolamento PFU di cui accennavamo poc’anzi, con l’inserimento di una suddivisione del nostro territorio nazionale in macroaree.

Se così sarà, ben ha fatto il legislatore a fissare tale criterio oggettivo di misurazione delle performance. Indicatori diversi, ad esempio a base provinciale, rischierebbero, per strutture che non possiedono significative di quote di mercato, vanificare l’importante criterio di organizzare la raccolta con modalità che ne garantiscano anche l’efficienza e l’economicità.

Si consideri, poi, a titolo di esempio, che a Ogliastra, con una importazione di 200 tonnellate di pneumatici, si dovrebbero ritirare annualmente circa 189 kg, ossia circa 20 gomme auto (o 4 gomme autocarro).

Se, poi, tale obbligo di ritiro su base provinciale dovesse essere splittato in un arco temporale trimestrale (come si suppone essere quello per macroaree del nuovo regolamento), il carico dovrebbe essere di circa 5 gomme auto, con buona pace della economicità della gestione richiesta dalla norma.

Parrebbe un esempio estremo, ma così non è: in provincia di Terni, ad esempio, si dovrebbero prevedere ritiri da 20 PFU vettura a trimestre.

Inoltre, il ritiro su base provinciale non garantirebbe la dimostrazione di effettivamente servire località disagiate; sarebbe sufficiente, a titolo esemplificativo, fornire un gommista di Grosseto per evitare di ritirare sull’isola del Giglio.

Meglio sarebbe, a questo punto, di mappare i punti di generazione del rifiuto in Italia, suddividendoli in tre categorie di dislocazione: semplice, normale e complessa ubicazione. Ed imponendo alle società di gestione di percentualmente servire dette categorie nel rispetto della propria quota di mercato.

I costi per la raccolta e recupero di diverse tipologie di PFU sono diversi?

Assolutamente si! Un fenomeno che sta emergendo è la selezione delle gomme da raccogliere.

Se viene fatta una richiesta di ritiro per PFU da vettura e  da movimento terra, alcuni soggetti ritirano solo la parte vettura lasciando a terra il resto; e questo genera dei malcontenti sia nei gommisti che nelle aziende che vendono pneumatici di grosse dimensioni.

Se l’Autorità non farà chiarezza su questo punto, il problema andrà sempre peggiorando.

La tecnologia per il riciclaggio, ma anche per il recupero energetico, di PFU di grandi dimensioni, non è molto diffusa e sarebbe il caso di affrontare questo problema in maniera seria, non semplicemente abbandonando la raccolta di questi PFU.

Insomma, nascondere la polvere sotto il tappeto non serve a nessuno.

Sul punto, posso anticipare che Greentire ha in essere un progetto di ricerca che ha l’obiettivo di trovare una soluzione ecocompatibile a questo problema; e saremmo ben lieti di collaborare con tutti, in primis con  gli altri consorzi di filiera.

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