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Marangoni: cambiare il mondo della ricostruzione è nostra responsabilità

L’accordo con Vipal, il progetto Dmack, le bufere politiche, la ricostruzione che cambia e si evolve. Sono moltissimi i temi affrontati da Vittorio e Giuseppe Marangoni, rispettivamente Presidente e Vicepresidente del gruppo, in questa intervista.

Il nome Marangoni appare molto spesso sui giornali, soprattutto nell’ultimo periodo. Qual è il suo commento?

Vittorio Marangoni: Marangoni è un marchio molto forte sul territorio, un nome molto conosciuto, che vende molto bene sui quotidiani locali. La politica, da ormai qualche anno, utilizza il nostro brand a sproposito per fare campagna elettorale: vengono fatte circolare notizie false e tendenziose che creano molti problemi all’azienda e, cosa ancora più assurda, vanno nel senso esattamente opposto agli interessi dei lavoratori.

In che contesto di mercato si muove oggi Marangoni?

Vittorio Marangoni: Negli ultimi 4-5 anni il mondo della ricostruzione ha vissuto un periodo molto negativo. La causa è principalmente l’ideologia produttiva, che conservava ancora alcuni retaggi delle logiche di inizio ‘900. Stiamo parlando della produzione basata sull’ideologia industriale: economie di scala, massa critica, aumento dei volumi, riduzione dei costi fissi e quindi dei prezzi, ulteriore aumento delle vendite e conseguentemente della produzione, e avanti così. Tutto questo è perfetto in un mondo ideale, ma in quello reale non funziona così, perché l’economia non è in perenne crescita, le risorse non sono infinite e neanche i consumi.

Questo ideale economico è collassato dopo il 2009 e ora l’industria si sta trasformando. Siamo nell’era dell’informazione oggi, ma fino a ieri avevamo una macropotenza che ragionava ancora con questo programma industriale: la Cina. Grandi industrie, economia di scala, massa critica, prezzi bassi, grandi volumi, a cui aggiungiamo il completo disinteresse per il consumo e lo spreco di risorse e l’inquinamento. Oggi anche la Cina ha capito che così non poteva andare avanti all’infinito e sta quindi cambiando modello di business. Il problema è che, nel frattempo, questa politica ha massacrato l’Europa.

Che conseguenze hanno avuto questi aspetti sulla ricostruzione?

Giuseppe Marangoni: Anche la ricostruzione è cambiata nel frattempo. Per quanto concerne il pneumatico nuovo autocarro la Cina ha effettuato investimenti tali da avere, nel 2014, la capacità per poter coprire circa l’80% del mercato del ricambio mondiale. Questo ha portato la Cina a sovvenzionare l’export in questi anni (lo stesso pneumatico cinese costa di più in Cina che in Europa) e tale sovracapacità ha causato il continuo abbassamento della qualità e spinto il prezzo ai minimi storici. Dal lato qualitativo, questo ha inoltre reso le carcasse sempre meno ricostruibili.  Si trattava quindi di capire se la ricostruzione aveva un futuro oppure se era un business dal quale uscire. E se aveva un futuro, quale sarebbe stato.

Abbiamo vissuto un periodo davvero sfidante, per non dire difficile: i pneumatici venivano costruiti con un concetto usa e getta, con un prezzo simile tra nuovo e ricostruito. Inoltre, la beffa: oltre a perdere la prima vendita, perdevamo anche la carcassa, perché la qualità dei prodotti asiatici non permetteva la ricostruibilità, con ovvi costi sociali e il problema della gestione dei rifiuti. Infine, lo stesso crollo dei costi delle materie prime ha spinto, in un circolo vizioso, l’economia usa e getta. Tutti questi elementi messi assieme hanno letteralmente devastato il mercato, soprattutto quello europeo, dato che le altre nazioni si sono protette con i dazi.

I dazi però poi sono stati imposti anche in Europa.

Vittorio Marangoni: Abbiamo lavorato molto con la Commissione Europea per far introdurre questi dazi, che sono diventati effettivi ad ottobre 2018 e hanno avuto un impatto molto forte sul mercato. Oggi vediamo, finalmente, la luce in fondo al tunnel, con un segno positivo per la prima volta da anni, ma noi europei ci muoviamo sempre con una lentezza disarmante, quasi incredibile.

E di questo ci si accorge perché, come dicevo prima, la cosa davvero interessante è che la Cina ha cambiato politica economica.

In che modo? Cosa sta succedendo in Cina?

Giuseppe Marangoni: La sovracapacità cinese nella produzione di pneumatico autocarro nuovo non era sostenibile e dunque hanno preso contromisure, iniziando a chiudere le fabbriche e a guardare agli aspetti ambientali, spinti da un inquinamento ambientale diventato ormai insostenibile. Sono state introdotte normative più rigide che hanno portato ad un aumento dei costi delle materie prime e ad un maggior controllo dei processi produttivi, che ha ulteriormente fatto lievitare i costi. Le fabbriche hanno chiuso, i produttori sono calati di numero, la qualità è generalmente migliorata. Ed ecco che la Cina da minaccia diventa opportunità: tutt’ad un tratto i processi ambientali sono ben visti e supportati dal governo , c’è interesse a spingere questa tecnologia, le flotte sono più grandi, le infrastrutture buone. Insomma, si creano le condizioni per cui in Cina diventa conveniente ricostruire i pneumatici. E l’interesse è per i concetti più innovativi: ricostruzione come servizio, costo chilometrico e via dicendo. La Cina sarà un tema molto interessante nel prossimo futuro. E mi permetto di dire che c’è anche un lato divertente in tutto questo: i cinesi sono stati talmente veloci che mentre noi stavamo mettendo i dazi, loro avevano già cambiato approccio.

Ma cos’è oggi la ricostruzione?

Vittorio Marangoni: Oggi la ricostruzione è un servizio. È cambiato tutto, a cominciare dal motivo per cui si ricostruisce: nel secondo dopoguerra si ricostruiva perché la materia prima era scarsa e costosa e per ragioni di carattere logistico. Oggi la materia prima non è più né scarsa né tantomeno costosa e la logistica è migliorata, anche se incide ancora. A tal proposito, l’ONU prevede che, entro il 2050, la popolazione mondiale crescerà del 25% rispetto ad oggi. Questo non potrà che portare l’accesso e il costo alla materia prima ad essere sempre più oneroso. Dunque la convenienza economica, in definitiva, nel ricostruire c’è ancora e lo sarà sempre di più negli anni avvenire, ma non è il driver principale che spinge questo business.

Oggi ricostruire significa ragionare su una logica di servizio per permettere un risparmio calcolato in tutto il ciclo di vita del prodotto. Significa gestire il parco gomme di un cliente, utilizzare un sistema pay-per-use, ragionare secondo il costo chilometrico. La vendita del pneumatico non ha più senso: perché devo vendere al cliente il pneumatico nuovo, ricomprargli la carcassa, rivendergli il ricostruito e via dicendo?

Guardando al prodotto, in una situazione di questo tipo il ricostruttore ha ovviamente tutto l’interesse a mantenere in buona salute i pneumatici, ma addirittura cambia lo sviluppo stesso dei prodotti: si punta a realizzare prodotti migliori, perché c’è tutto l’interesse a realizzare prodotti che durino e non “usa e getta”. In una logica industriale, dove produco e vendo, potrei trarre vantaggio da prodotti che durano poco, mentre se gestisco i pneumatici del cliente, voglio che durino il più possibile. E per questo Marangoni sta innovando e ricercando nuovi materiali, come ad esempio il grafene, che aumenteranno il chilometraggio di un pneumatico. Questa logica si trova nel cuore del concetto di economia circolare: faccio crescere l’economia non aumentando il consumo del prodotto, ma aumentando il consumo del servizio.

Questi stessi concetti sono condivisi dall’associazione europea dei produttori di pneumatici (ETRMA) nel loro documento programmatico che delinea queste linee guida:

  • Progettare pneumatici efficienti e che durino di più;
  • Ridurre le emissioni di CO2 e gli scarti di lavorazione;
  • Ridurre le emissioni di CO2 prodotte durante l’uso dei pneumatici;
  • Estendere il ciclo di vita dei pneumatici attraverso riscolpitura e ricostruzione;
  • Spingere l’adozione di nuovi modelli di business come la gestione a costo chilometro (Tire-as-a-service).

Ma c’è di più: anche dal punto di vista della logistica sta cambiando il mercato, e questo è dovuto principalmente ad internet e all’e-commerce. Si muovono sempre più le merci e sempre meno le persone. E come si muovono? Ci sono gli aerei, i treni e le navi, ma il trasporto su gomma sarà sempre più fondamentale, perché il punto non è far costare poco la consegna, ma farla arrivare il prima possibile. La flessibilità garantita dalla gomma è semplicemente inarrivabile dagli altri tipi di trasporto, che giocano su prezzo e grandi quantità. Alle flotte che lavorano in questo modo, che hanno bisogno di essere veloci, Marangoni deve offrire una sola cosa: non il prezzo, non i volumi, ma i tempi: la velocità con cui può erogare il servizio.

Giuseppe Marangoni

Giuseppe Marangoni: E questo porta ad un altro ragionamento: a cambiare non è solo il mercato, non è solo il prodotto, non è solo l’offerta ma anche il concetto stesso di fabbrica: l’enorme impianto di ricostruzione che alza i volumi per abbassare i prezzi non è al passo con i tempi. Ora sono necessarie fabbriche piccole e molto flessibili, magari vicino ai nuovi grandi hub logistici nelle periferie delle grandi città.

Nella ricostruzione, dagli anni 70 non è cambiato nulla: nessuno ha investito un euro sul prodotto e tantomeno sulle strutture. Perché? Perché nessuno ha il suo focus di interesse in questo settore. I produttori di pneumatici nuovi non hanno un vero vantaggio, anzi, e gli altri player hanno interessi collaterali e non vogliono guadagnare dalla ricostruzione. Nessuno eccetto noi. Marangoni vuole essere lo specialista della ricostruzione, perché a Marangoni sta a cuore la ricostruzione. E, cosa ancora più importante, abbiamo tutte le leve per poter investire e guadagnare da questo settore, perché siamo integrati su tutta la filiera: abbiamo la mescolazione, produciamo i macchinari, e offriamo i servizi. Insomma, siamo all’interno della ricostruzione dall’inizio alla fine.

Aggiungo una cosa: quando la ricostruzione “muore”, diventa molto interessante reinventarla, perchè si elimina tutto il sistema parassitario attaccato al vecchio modello.

Come è nato e a che punto è l’accordo con DMACK?

Vittorio Marangoni: La fabbrica di Rovereto è gigante, viene evidentemente da un’altra epoca. Qui si produceva di tutto: gomme nuove, piene, ricostruzione vettura, trasporto leggero, autocarro, mescolazione, movimento terra, ecc. Era di una complessità pazzesca. Dal 2009 abbiamo avviato una strategia di focalizzazione sul core business, la ricostruzione. Siamo arrivati ad un perimetro molto chiaro oggi, con il nostro focus concentrato su questa attività. Naturalmente questo, unito ad una riduzione dei volumi e ad altri fattori, ha fatto sì che la percentuale di fabbrica occupata sia calata negli anni.

A Rovereto, oltre allo spazio, abbiamo un centro di competenza molto forte, una serie di produzioni disponibili e, soprattutto, la volontà di trasformare questo grande stabilimento in un’opportunità per cominciare a gestire dei modelli industriali di sharing economy, una sorta di co-working manifatturiero.

Se un’azienda fosse alla ricerca di capacità produttiva in Europa, investire in greenfield, quindi costruire un nuovo stabilimento, in Italia è un’idea folle ma, se lo stabilimento fosse già presente, con tutti i servizi, la mescolazione, la gestione del fine vita, la logistica, la ricerca & sviluppo e tutti gli allacciamenti, potrebbe essere un progetto da valutare. Con un investimento molto basso si è pronti a produrre nel cuore dell’Europa. Questa è stata l’idea dietro alla base del progetto DMACK, con un ulteriore vantaggio: abbiamo già una linea di confezione pneumatici vettura già pronta e totalmente automatizzata. DMACK realizza prodotti di nicchia, ad alta marginalità e deve essere in Europa per servire il mercato con tempi di consegna veloci. Si tratta di un progetto molto interessante per loro e per noi è solo il primo approccio ad una logica di condivisione dello stabilimento.

Quali sono i vantaggi principali che vedete in un’operazione di questo tipo?

Vittorio Marangoni: Per Marangoni ci sono molti risvolti positivi, oltre all’ovvio utilizzo della fabbrica. Un progetto di questo tipo dà il via a grandi sinergie, a partire dai costi fissi fino all’interscambio di servizi, dalla produzione di mescole, alla ricerca e sviluppo, alla logistica, passando per l’amministrazione e via dicendo. Tutto diventa più competitivo per tutti. Inoltre, si rinforza il polo tecnologico del settore industriale della gomma, cosa che permette di avere più competenze, profili professionali, più cultura legata alla gomma che si diffonde sul territorio. Un progetto di questo tipo porta grande valore aggiunto sul territorio. È un risvolto sociale importante che pochi considerano, ma soprattutto in un periodo come questo dove il PIL è sotto esame è importante ricordarlo.

A che punto siamo con il progetto?

Vittorio Marangoni: Abbiamo avuto qualche rallentamento, ma abbiamo avviato i primi interventi per far ripartire l’impianto e testarlo. Stiamo producendo i primi stampi richiesti, andando avanti step by step. Conto di chiudere l’accordo entro l’anno, anche perché chi ha più fretta è DMACK stessa. Li stiamo supportando in tutti i modi e penso si tratti davvero di una bella iniziativa. Ne stiamo studiando altre di questo tipo.

A fine anno avete annunciato l’accordo con Vipal. Può raccontarci qualcosa di più?

Vittorio Marangoni

Vittorio Marangoni: Tutto è nato da una serie di esigenze ed evidenti sinergie locali in Brasile, ma la partnership globale che si sta sviluppando è molto interessante. La ricostruzione esce da un momento molto brutto, ma quella indipendente è strategica per il futuro. Essere legati ad un unico brand non permette di leggere appieno i nuovi modelli di business: oggi è possibile, e in futuro lo sarà ancora di più, elaborare modelli di analisi big data in cui si vede come performa ogni pneumatico in base a una enorme quantità di variabili: strada, pesi, km, mezzo, assale, applicazione, temperature, stili di guida, ecc. Si potrebbe scoprire, ad esempio, che montare un brand sul trattivo e uno diverso sul trainato può dare performance migliori rispetto ad unico brand o modello. Ma questa possibilità di poter utilizzare più marche è prerogativa solamente di un ricostruttore  , per il quale non doversi rifornire da un unico brand, è ovviamente un fattore molto positivo dal punto di vista negoziale, oltre ad essere determinante in termini di qualità della sua offerta.

Inoltre, la fabbrica di ricostruzione di pneumatici appartenente ad un brand produttore di gomme nuove in Europa è centralizzata, mentre, come abbiamo detto, il ricostruttore diventerà sempre più piccolo, capillare e distribuito sul territorio. Questo significa che il mercato sarà degli indipendenti.

Per portare avanti questa strategia quale idea migliore di accordare i due leader mondiali nella ricostruzione indipendente? Marangoni è campione di internazionalizzazione mentre Vipal è leader nella produzione ed esportazione di battistrada in Brasile. C’è un buon fit tra le due organizzazioni. La strategia è quella di creare il primo player mondiale della ricostruzione, in modo da difendere questa attività e portare avanti questi concetti in futuro.

In che modo? Quali sono i piani concreti?

Vittorio Marangoni: Abbiamo definito tutta una serie di accordi e joint venture per quel che riguarda le Americhe e stiamo lavorando per una serie di accordi, per ora commerciali, per l’area internazionale e specialmente per l’Europa. Nel vecchio continente puntiamo a valorizzare le sinergie industriali: gestione capacità produttive, gestione acquisti, logistica, scambio merci. La base è quindi sviluppare un piano industriale congiunto e successivamente compiere altri passi che oggi però non sono ancora condivisibili.

A livello internazionale state seguendo altre strategie?

Vittorio Marangoni: C’è ancora qualche nuovo mercato da esplorare: abbiamo appena annunciato l’acquisizione della quota di maggioranza di Leader Rubber in Sudafrica, un mercato molto interessante dove abbiamo introdotto l’anello con ottimi risultati. Inoltre c’è un piano di sviluppo commerciale in India, dove abbiamo notato un’accelerazione nell’ultimo anno. Si tratta di un mercato molto ricettivo, interessato al concetto di servizio, dove, addirittura, le attività di ricostruzionenascono dentro ai concessionari di veicoli commerciali, in modo da integrare anche la componente pneumatico nelle proprie offerte di servizio

C’è ottimismo quindi?

Vittorio Marangoni: Si, siamo positivi. Oggi il costo chilometrico conta per circa il 30% delle nostre vendite e sta continuamente crescendo. È una strategia su cui puntiamo molto e che sta mostrando un grande sviluppo. Guardando ai trend economici del futuro, la ricostruzione si sposa perfettamente con la sostenibilità, l’economia circolare, il risparmio di risorse e la creazione di valore aggiunto all’interno dell’economia locale. Insomma, si sposa con le condizioni economiche del futuro. Cambiare il mondo della ricostruzione è nostra responsabilità. Se non lo facciamo noi, non lo farà nessun altro.

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