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BR Pneumatici tra passato e presente, mantenendo la propria identità

Il 4 luglio BR Pneumatici, in collaborazione con Michelin, ha invitato i propri clienti nella storica Birreria Pedavena, in provincia di Belluno. A cornice del tradizionale meeting sui prodotti e sulle ultime novità della Casa francese, rappresentata da Carmine Nutile e Andrea Casamassima, una ventina di clienti di BR Pneumatici hanno potuto visitare lo stabilimento del birrificio costruito nel 1896, passato sotto Heineken nel 1974 e infine tornato italiano con l’acquisizione, nel 2006, da parte di Birra Castello di Udine.

Il nuovo logo di BR Pneumatici

Tra le ultime novità presentate, l’azienda vicentina ha da pochissimo rivisto il proprio logo, per avere un’immagine più moderna e pulita.

“Il marchio aveva bisogno di una rinfrescata, perché era stato disegnato con l’estetica degli anni ’70 e le forme arrotondate degli anni ’80, che oggi sono un po’ demodé”, spiega Filippo Busin. “Inoltre c’era anche l’aspetto fonico da correggere, perché nel vecchio logo sembrava quasi che la ‘P’ di Pneumatici fosse parte della sigla dell’azienda, per cui molti dicevano BRP invece di BR. Nel nuovo restyling abbiamo quindi enfatizzato le due consonanti BR e abbiamo rinfrescato un po’ tutta la grafica.”

I trend del mercato: all season, long lasting performance e identità

Analizzando l’andamento non proprio brillante del mercato in questi primi sei mesi dell’anno, Stefano Busin è convinto che la recessione si debba attribuire soprattutto all’ allseason. “In questo momento siamo pagando, in maniera evidente, tutti i quattro stagioni che abbiamo venduto lo scorso inverno al posto dei pneumatici invernali”, dice Stefano Busin“Probabilmente nel giro di qualche anno anche il segmento dei penumatici quattro stagioni andrà a regime, ma in questo momento è arrivato il conto da pagare. Per noi, in particolare, che operiamo nella fascia pedemontana, il quattro stagioni rappresenta circa il 25% dei volumi del vettura e pensiamo che ci potrà essere un’inversione della tendenza, solo nel caso in cui ci sarà un inverno con la ‘i’ maiuscola.”

Per quanto riguarda invece la strategia su cui punta Michelin, soprattutto quest’anno, ossia la capacità che hanno i suoi pneumatici di esprimere le performance fino alla fine della loro vita, Stefano Busin ha sottolineato la difficoltà che incontra il gommista a trasferire questo concetto, che differenzia il prodotto Michelin dagli altri, al cliente finale: “La difficoltà dipende dal fatto che il gommista ha il contatto con l’utente finale prevalentemente negli ultimi 3 mesi dell’anno, in cui si raggiunge l’apice del lavoro, e in quei momenti non ha il tempo  di argomentare in prodotto  in maniera adeguata”.

Lo stile e la strategia che da sempre ha sposato BR Pneumatici è quella di identificarsi attraverso una attenta selezione dei marchi trattati. “Lavoriamo con Michelin, Hankook, Toyo, Nexen e pochissimi altri brand, – continua Stefano Busin – perché, secondo noi, avere troppi marchi significa perdere la propria identità agli occhi del cliente e diventare una specie di supermercato. Noi abbiamo scelto un’altra strada: vogliamo fare un lavoro capillare, di qualità, mantenendo intatta nel tempo la nostra identità.”

La ricostruzione: stiamo vivendo un bel momento

BR Pneumatici, storicamente nata con la ricostruzione e che oggi produce oltre 30.000 gomme autocarro all’anno, ha sentito il beneficio dell’introduzione dei dazi sulle gomme d’importazione cinese. “Le terze linee delle Case stanno crescendo in maniera significativa, mentre la seconda fascia è stabile e la prima forse addirittura in leggera flessione”, spiega Filippo Busin, che nell’azienda di famiglia segue soprattutto questo business. “Poiché la ricostruzione si inserisce nella tier 3, anche noi, come le Case europee o quelle che non hanno la produzione in Cina, stiamo vivendo un momento molto positivo.”

Oggi la ricostruzione ha raggiunto degli standard di qualità molto elevati e si sta affrancando dall’eredità negativa dell’immagine di gomma meno affidabile di quella nuova, che aveva negli anni ’70 e ’80, quando si ricostruiva un po’ tutto, senza fare un’attenta selezione delle carcasse. “In questo momento storico, grazie ai dazi, ma anche al diffondersi di concetti di economica circolare e rispetto dell’ambiente, il mercato sta finalmente riscoprendo il prodotto ricostruito, che ha degli standard qualitativi alti, in termini di percorrenza e affidabilità, perché usiamo mescole di prima scelta. Possiamo dire, per semplificare, che al prezzo di un pneumatico budget è possibile acquistarne uno che arriva a fare il doppio dei chilometri.”

La collaborazione con Hankook nella ricostruzione continua con reciproca soddisfazione, anche se la gamma è ancora un po’ limitata. “Abbiamo in progetto – dice Busin – di ampliare la gamma, ma vogliamo fare i passi con la dovuta cautela, anche per non bruciare l’immagine, che è davvero molto buona, perché il reclamato sul ricostruito Hankook è praticamente pari a zero.”

Passato e presente a confronto

Quest’anno all’evento ha partecipato anche il patron dell’azienda, Giovanni Battista Busin, classe ’38, che mantiene il carisma, ma anche l’operatività in azienda.

“Ho cominciato nel 1963, con 250.000 lire, quando i bolli per le cambiali costavano 320.000 lire”, racconta Giovanni Battista Busin. E le cambiali firmate dal giovane imprenditore valevano ben 28 milioni di lire, che Busin ha investito in attrezzature e materiale, dicendo ai fornitori che, se non fosse riuscito nell’impresa, dovevano andare a riprendersi la merce. “L’unica cosa che avevo era la voglia di lavorare – continua Busin – e ho sempre fatto questo ragionamento: se riesco, bene, se non riesco, niente avevo e niente mi rimane”. La storia e gli aneddoti scorrono appassionati nelle parole di Giovan Battista Busin, che è orgoglioso di dove è arrivata oggi l’azienda e della capacità dei figli e della famiglia di traghettarla nel futuro, mantenendo intatti i valori fondanti.

Abbiamo provato a chiedergli il segreto di questo successo e, oltre naturalmente all’impegno, al lavoro e al sacrificio, ci ha detto: “Quello che conta non è il titolo di studio, ma la competenza e la capacità di avere un buon feeling con il cliente. È questa la cosa più importante, perché allora il 50% del lavoro è fatto e poi c’è il passa parola. Tutto il resto sono chiacchiere inutili”.

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