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Pneulife: tracciabilità, riciclo e lotta al nero – Intervista all’AD Maddalena

Negli ultimi anni il ritiro e la gestione dei PFU, i Pneumatici Fuori Uso, sono diventate due attività sempre più critiche. Ne abbiamo parlato con Giuliano Maddalena, amministratore delegato di Pneulife, uno degli operatori più giovani del settore, ma che si è già fatto notare per alcune particolarità e per lo spirito di iniziativa.

Come, quando e perché nasce Pneulife?

Pneulife è un consorzio giovane, ma con caratteristiche particolari. Ci occupiamo di pneumatici da pochi mesi, ma il gruppo di consorzi ha una storia molto importante in altri segmenti, unica nel suo genere.

Il progetto, infatti, nasce ad inizi anni 2000, quando alcuni leader del settore elettrodomestici come Delonghi, Mulinex, Termozeta e diversi altri fondano il sistema Ecoped, da cui nasce il Consorzio nazionale per la gestione dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE). Questo modello di gestione dei rifiuti elettrici, che si basa non tanto sulla quantità ma sulla qualità, sull’attenzione al riciclo e sulla tracciabilità, piace ai produttori di batterie al piombo e nel 2010 nasce quindi Ecopower per il riciclo di questi prodotti.

Nel 2016, infine, Yokohama e Magri Gomme vedono la possibilità di creare qualcosa di nuovo: c’è la forte esigenza di risolvere un problema critico per i clienti e quindi l’idea è quella di scendere in campo direttamente. Nasce, quindi, Pneulife. Abbiamo iniziato a ritirare il primo gennaio 2017, ma il vero lavoro è iniziato nel 2016, con la tessitura di tutti i contatti.

Quali sono i principi cardine di Pneulife?

I punti saldi su cui si basa il nostro lavoro sono l’attenzione alla tracciabilità e il riciclo del rifiuto. Senza questi due aspetti, i PFU rischiano di prendere strade non buone o addirittura non lecite. Pneulife basa la sua attività sulla capacità di creare filiere virtuose, tracciate e certificate. Si tratta di una questione etica, oltre che di servizio, ma anche di immagine e di tutela della reputazione dei soci. Se, ad esempio, venisse trovato un pneumatico abbandonato in un campo, il brand non farebbe certamente una bella figura, anche se non ha la responsabilità diretta del fatto.

Siamo anche in grado di fornire un livello di servizio elevatissimo, indipendentemente da dove sono situati i punti vendita e dalla loro grandezza. Negli ultimi anni il ritiro dei PFU è diventata un’attività critica, soprattutto in alcune zone dove il ritiro è molto costoso. Noi, anche in questo campo, ci distinguiamo dalla concorrenza: basti pensare che le nostre principali zone di ritiro sono Sicilia, Puglia e Calabria.

Il bilancio del primo anno come si è chiuso?

Nel 2017 siamo andati in pareggio, con un contributo allineato al principale operatore del settore: stiamo parlando di 5 centesimi in più, per la precisione. Abbiamo ritirato la nostra quota di mercato, pari a 12.000 tonnellate, con un feedback dei clienti molto positivo. La differenza è proprio dove siamo andati a recuperare quelle 12.000 tonnellate.

Il nero è un’altra delle principali criticità del sistema. Come pensa PneuLife di risolvere, o almeno arginare, questo problema?

Il nero è un enorme problema, che ha conseguenze dirette sul servizio e genera l’assenza del ritiro. Nelle nostre procedure ambientali abbiamo realizzato un modello che aiuta a tenere traccia di questo fenomeno: al momento della richiesta di ritiro, ci accertiamo di conoscere il trasportatore e chi tratterà il PFU, ma ci accertiamo anche della provenienza del rifiuto.

Controlliamo ogni punto che ci fa richiesta di ritiro e ad esempio la coerenza tra la sua dimensione e la sua richiesta. Non basta, quindi, la solita autocertificazione o la sigla sul foglio di richiesta.

In questo modo evitiamo di facilitare la vita a chi fa nero, ritirandogli anche i PFU. A tutte queste attività è adibito il nostro ufficio, che qualifica i fornitori, rilascia le autorizzazioni e compie la qualificazione del punto iniziale, avvalendosi anche di strumenti moderni come la geolocalizzazione e la verifica tramite sistemi informatici delle camere di commercio e le banche dati reputazionali. In questo modo diamo il nostro contributo per cercare di mantenere pulito il settore, scoraggiando il ritiro di rifiuti che non andrebbero presi in carico.

Ci sono altri progetti che differenziano Pneulife dagli altri consorzi?

Abbiamo altri due attività degne di attenzione: la prima è la modalità con la quale scegliamo i fornitori del trattamento. Pneulife sceglie solo quei fornitori che si impegnano a ridurre al minimo la termovalorizzazione dei pfu. Avendo una quantità relativamente piccola da smaltire, possiamo permetterci di puntare all’eccellenza, scegliendo di non guardare solamente alla riduzione dei costi. Per questo è nato Certyre, un sistema che garantisce che l’impianto di trattamento dei PFU sia veramente in regola, grazie alla visita degli impianti da parte di enti di verifica indipendenti. Se gli impianti vogliono lavorare con noi, devono sottostare ad alcune regole. Inoltre, verifichiamo anche la capacità di prevenire gli incendi e il reale recupero delle materie prime-seconde.

Infine, un’altra attività interessante è la formazione scolastica: abbiamo speso già nel primo anno oltre 100.00 euro in programmi di formazione nelle scuole. L’obiettivo è di convincere i consumatori di domani che riciclare è una necessità del pianeta. Questo progetto è stato chiamato Ecologiamo.

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