Il decreto ruote due anni dopo: urgono modifiche e controlli

Sono ormai trascorsi due anni dall’entrata in vigore del cosiddetto Decreto ruote, che era nato con l’intento di regolarizzare l’immissione sul mercato dei prodotti, ma che di fatto ha ostacolato alcune aziende virtuose, senza invece fermare quelle noncuranti della legge.

Il primo vero ostacolo è rappresentato dai costi, particolarmente sostenuti, per omologare NAD le famiglie di prodotto. Questo aggravio economico, in un mercato già di per sé in contrazione, ha reso impossibile per le aziende più piccole vendere le proprie ruote in Italia, lasciando libero campo ai tre big del settore, che hanno comunque dovuto investire soldi e tempo per omologare i propri prodotti esclusivamente per il mercato italiano. Un altro importante problema è la disomogeneità del comportamento delle diverse motorizzazioni provinciali, che da città a città prevedono procedure differenti, mettendo in difficoltà aziende e utenti. Tutto ciò, unito alla totale assenza di controlli e sanzioni, ha creato una situazione particolarmente frustrante per le aziende italiane che operano nella legalità, le quali, anziché vedersi protette da questa normativa rispetto alle importazioni di bassa qualità, si sono trovate ad essere le ‘vittime’ del decreto stesso.

Inizialmente Assoruote e ACA si trovavano in posizioni contrapposte, in quanto ACA è di fatto nata proprio con l’intento di sopprimere e annullare il decreto. Oggi però i rappresentanti delle due associazioni hanno trovato un punto di incontro e fanno sinergia per trovare una soluzione condivisa e percorribile.

Il punto della situazione è stato fatto da ACA (Associazione Componentisti Auto) in occasione di Autopromotec, dove l’avvocato Giulio Bonadio, consulente legale di ACA, ha coordinato una tavola rotonda, cui hanno partecipato anche l’onorevole Giorgio Sorial del Movimento 5 Stelle, Douglas Sivieri, presidente di Apindustria Brescia, con la partecipazione di Corrado Bergagna, presidente di Assoruote.

L’avvocato Giulio Bonadio, consulente legale di ACA

“Il Decreto Ministeriale 20 del 2013, entrato in vigore il 1° ottobre 2015, disciplina le ruote aftermarket e tra queste le ruote replica che riproducono l’estetica della Casa produttrice ma con una costruzione diversa, e le ruote dedica, che si distinguono, differenziandosi leggermente per design da quelle del costruttore, ma che sono dedicate, esteticamente, ad una specifica vettura”, ha spiegato l’avvocato Bonadio. “Queste ruote, grazie al Decreto, non sono più soggette al rilascio del nulla osta da parte del Costruttore dell’auto, ma devono sottostare all’omologazione NAD da parte del produttore della ruota stessa e alla dichiarazione di corretta installazione da parte del gommista o installatore”.

“Il vero problema risiede però sulla determinazione della responsabilità, perché ancora oggi, dopo due anni di applicazione del decreto, non è chiaro chi risponda del rispetto della legge e quali possano essere le conseguenze sanzionatorie in caso di violazione della stessa”, sottolinea il consulente di ACA.

Ed è effettivamente così, perché, se anche il Codice della Strada prevede il sequestro del mezzo che monta ruote o pneumatici non omologati e non idonei all’uso su strada, nella realtà la filiera dei controlli e le sanzioni sono del tutto assenti.

La frustrazione è ancora maggiore se si considera che, nelle intenzioni, il Decreto avrebbe dovuto rappresentare lo strumento per contenere il mercato parallelo di prodotti di bassa qualità e sicurezza, mentre invece si assiste ad una continua concorrenza sleale e immissione di prodotti privi di qualsiasi garanzia sul mercato. In pratica, la situazione del mercato è rimasta quella di prima, con l’aggravante per le aziende che operano nella legalità di dover sostenere i costi dell’omologazione.

“Il Decreto stabilisce le regole per chi costruisce e per chi vende, ma chi lo rispetta dovrebbe essere tutelato”, continua Bonadio. “La verità è che una prescrizione priva di sanzione rimane un mero auspicio, una speranza destinata a morire”.

Il presidente di ACA Marco Mancin

“Non nego che ACA sia nata con l’idea, magari utopistica, di cercare di bloccare il decreto, che pensavamo avesse delle lacune”, ha affermato il presidente di ACA Marco Mancin. “Adesso però abbiamo spostato l’attenzione e soprattutto l’obiettivo nel cercare, insieme ad Assoruote, di apportare delle modifiche, che possano rendere il Decreto più snello nelle procedure d’applicazione”.

“Purtroppo – ha aggiunto Mancin – il Decreto Ministeriale 20 è stato pubblicato in un momento economico difficilissimo per le nostre aziende, un momento che, solo grazie alla capacità imprenditoriale di ciascuno di noi e con grandi sacrifici siamo riusciti ad affrontare e superare. In una situazione già di per sé complessa, il Decreto ha incrementato i costi di accesso al mercato italiano, facendoci perdere competitività e costringendoci, alla fine, a indirizzare gli investimenti in altre direzioni”.

Il Decreto insomma c’è e quindi l’impegno delle associazioni oggi è di mettersi al tavolo di lavoro con il Ministero, con spirito positivo, per renderne l’applicazione uniforme, sanando così le falle legislative e segnalando tutte le problematiche e incongruenze presenti sul mercato.

“Dobbiamo essere coesi e portare le questioni sui tavoli di chi ha il potere decisionale, coinvolgendo tutti i soggetti istituzionali e politici coinvolti, per arrivare a una soluzione”, ha detto Mancin.

“Certezza di diritto, regole chiare e attribuzione delle responsabilità”, queste devono essere le richieste del distretto delle ruote in Italia secondo Ezio Ercole, vice presidente dell’Ordine de Giornalisti del Pimemonte, invitato da ACA a coordinare i lavori. Ma la realtà purtroppo è un’altra: vengono richieste delle prove omologative valide solo per l’Italia e onerose, le motorizzazioni sono poco informate e si comportano in maniera totalmente disomogenea e le aziende che non si curano del rispetto della legge, visto che non vi sono sanzioni e controlli, prosperano serenamente. “Dobbiamo lottare contro i particolarismi, che sono iniqui e ingiusti”, ha detto Ercole. “Se l’applicazione di una norma porta a differenze, chi la gestisce ne deve essere conscio e deve trovare uno strumento per intervenire”.

Douglas Sivieri, presidente di Apindustria Brescia e, a destra, Ezio Ercole, vice presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte

“Questo decreto è davvero un esempio di quello che non si dovrebbe fare”, ha aggiunto Douglas Sivieri, presidente di Apindustria Brescia. “Il legislatore si è dimostrato più realista del re, adottando un provvedimento che finisce per creare problemi e favorire di fatto i produttori di altri Paesi europei o extraeuropei”. Il mercato italiano in pochi anni è infatti passato – anche se non solo per questo provvedimento – dalla vendita di 1,8-2 milioni di ruote al ricambio a solo 800.000 pezzi.

Purtroppo i rappresentanti ministeriali hanno mancato l’appuntamento bolognese, da cui avrebbero potuto trarre delle indicazioni preziose sull’andamento dell’applicazione del Decreto, ma per fortuna non è mancata la politica, nella persona del deputato Giorgio Sorial del Movimento 5 Stelle, membro della Commissione Bilancio, che è intervenuto in maniera concreta e puntuale.

A destra il deputato Giorgio Sorial del Movimento 5 Stelle, membro della Commissione Bilancio, e a sinistra il presidente di ACA Mancin

“È importante comprendere la situazione economica in cui le aziende del settore ruote e il cluster delle fonderie si trovano ad operare, – ha detto Sorial – perché di fatto sono già all’interno di un sistema che, a livello nazionale ed europeo, è di concorrenza sleale, a causa dei vincoli economici imposti dall’Europa, che influiscono sulla competitività delle aziende italiane con quelle di altri Paesi. A questo si aggiunge questo decreto che possiamo definire davvero autolesionista emesso dal Governo italiano”.

Il primo impegno che Sorial si è assunto a Bologna è quello di coinvolgere il più possibile il Ministero su questa situazione, mantenendo aperto un canale di comunicazione, con l’obiettivo primario di rendere omogenee le procedure di omologazione e il dialogo tra motorizzazioni e Ministero stesso.

“Tra l’omologante, che è a Roma, e il collaudatore, che è la motorizzazione locale, oggi c’è pochissima comunicazione, tanto che il Ministero dei Trasporti, proprio per tutelarsi da eventuali errori e danni creati da parte dei collaudatori, ha creato un fondo assicurativo”, ha spiegato Sorial. “Il fatto che non vi sia univocità e collaborazione, a livello nazionale, è un paradosso, perché la frase ‘difformità di omologazione’ è un ossimoro, l’accostamento cioè di due concetti contrari e opposti, ed è evidenza del fatto che i due Enti non cooperano. Questo è sicuramente un passaggio fondamentale da affrontare con gli interlocutori diretti. Il Ministero ha il dovere di chiarire l’applicazione del Decreto, accogliendo le istanze degli imprenditori di questo settore”.

Il secondo aspetto di cui Sorial si farà portavoce a Roma è la necessità dei controlli sull’immissione sul mercato italiano di prodotti non omologati. Come segnalato dall’associazione, infatti, sia online che offline, continuano a circolare ruote prive di qualsiasi certificazione, che – proprio perché non soggette agli oneri dell’omologazione – costano meno e risultano quindi convenienti per l’acquirente, che le installa senza aggiornare la carta di circolazione.

“Se lo Stato ha messo in piedi questo sistema complesso per controllare la sicurezza stradale e tuttavia sul mercato vengono distribuiti tranquillamente prodotti non omologati, evidentemente c’è un problema di fondo sulla circolarità del sistema stesso”, puntualizza Sorial. “E questo va a danno della sicurezza stradale, che si voleva appunto tutelare con il Decreto”.

Secondo il deputato grillino, sarebbe necessario un sistema di controllo degli effetti delle leggi, come avviene in altri Paesi, come ad esempio il Regno Unito, dove esiste un organo deputato alla verifica dell’attuazione delle leggi e, se una legge non ha prodotto gli effetti dichiarati in premessa, deve essere cancellata o urgentemente emendata per non creare dei danni anziché dei benefici.

L’intervento di Corrado Bergagna, presidente di Assoruote (a destra)

Sul tema controlli, Corrado Bergagna, presidente di Assoruote, sottolinea che già nel 2016 la Legge di Stabilità aveva stanziato 5 milioni di euro per le verifiche di conformità di veicoli e componenti, tra cui anche pneumatici e ruote. “Il Ministero ha preso atto della necessità di porre in essere dei controlli. Sicuramente servono regole precise per la loro gestione e le tempistiche, ma oggettivamente il Ministero ha già previsto questa voce”, ha precisato Bergagna. “Anni fa in Italia non esisteva nessuna norma per il prodotto ruota. Dobbiamo quindi considerare positivo il fatto che oggi sia prevista l’omologazione. Al tavolo del Ministero erano però presenti anche le associazioni dei produttori di veicoli, che hanno logiche e strategie diverse e superiori a quelle del nostro settore di nicchia. Questo ha portato all’approvazione di un sistema di omologazione troppo complesso e gravoso per il prodotto cerchio”.

“Dopo cinque anni di confronti, posso però dire che oggi il Ministero conosce l’affidabilità dei produttori di ruote, perché ne ha visitato le fabbriche e ne ha testato la serietà”, continua il presidente di Assoruote. “Per questo motivo sono convinto che adesso sarà più facile andare verso una semplificazione delle procedure e verso l’ammissione, almeno per certi aspetti, dell’autocertificazione del fabbricante”.

“Esiste effettivamente anche un altro importante problema che dovrebbe essere risolto: i requisiti già controllati e certificati da altri laboratori europei accreditati, secondo noi, non dovrebbero essere nuovamente sottoposti a prova dal Ministero italiano”, aggiunge Mancin. “Tutti noi omologhiamo già i prodotti in Germania al TÜV e al KBA, ma per l’approvazione NAD è necessario ripetere le prove alla presenza del funzionario ministeriale. Questo non ha senso e finisce per penalizzare proprio i produttori che operano nella legalità con aziende strutturate. Le associazioni di categoria hanno il dovere di impegnarsi per portare avanti con forza una richiesta di armonizzazione”.

A questo proposito, un escamotage è forse possibile con la sola sostituzione di una parola nel decreto 20. La proposta dell’avvocato Bonadio è infatti quella di sostituire, dove la legge descrive le prove tecniche ammissibili, il termine “equivalente” con il termine “equipollente”. “Se una prova tecnicamente ha lo stesso significato, il risultato che produce deve essere considerato valido e non si può pretendere la ripetizione dei test”, spiega Bonadio. “L’equipollenza è il fondamento dell’armonizzazione e la semplice correzione di questo termine consentirebbe di utilizzare le omologazioni rilasciate da enti esteri anche nella procedura NAD, senza tuttavia stravolgere il decreto o creare problemi in fase di omologazione del veicolo. Accogliere il concetto di equipollenza renderebbe la norma compatibile con la disciplina europea e consentirebbe la libera circolazione delle merci nell’Unione Europea”.

I lavori della tavola rotonda bolognese sono stati chiusi dall’onorevole Sorial, che ha riassunto concretamente gli interventi su cui lui e le associazioni dovrebbero concentrarsi:

  • Avanzare la richiesta di emendamento del decreto con la sostituzione del termine “equivalente” con il termine “equipollente”, in modo che la documentazione relativa ai requisiti di sicurezza del prodotto, rilasciata da altri enti omologativi europei venga accolta dal Ministero;
  • Chiedere controlli e sanzioni per far fronte alla concorrenza sleale;
  • Promuovere il dialogo tra Ministero e motorizzazioni locali al fine dell’omogeneità e uniformità delle procedure omologative.
Marco Mancin e Giorgio Sorial

“È importante fare leva da un punto di vista politico per far comprendere queste istanze al Ministero, che magari non ne ha piena consapevolezza”, ha concluso Sorial. “Sicuramente il Decreto è nato con intenti positivi, ma di fatto sta arrecando dei danni a un comparto importante dell’industria nazionale”. “In questi quattro anni in Parlamento ho imparato quanto siano importanti le parole con cui si stendono le leggi, perché anche una sola parola può cambiare significativamente la situazione. Per questo, come prima cosa, suggerirei di presentare l’istanza per l’introduzione del termine ‘equipollente’. Questo darebbe già un bel sollievo al settore. Da lì procederemo un passo alla volta, con obiettivi concreti e realistici, cercando di mantenere sempre vivo il contatto diretto con le Autorità”.

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