La nuova era Marangoni: focus su core business e mercati promettenti – L’intervista a Dino Maggioni

Da ottobre 2016 Dino Maggioni ha assunto la guida del Gruppo Marangoni, in linea con la strategia della holding di famiglia di attribuire responsabilità crescenti a manager esperti e qualificati scelti sul mercato. Il nuovo Amministratore Delegato vanta infatti, oltre ad una laurea in ingegneria, una lunga esperienza internazionale in ambito industriale e in particolare nel settore automotive, avendo ricoperto ruoli apicali in Magneti Marelli, CNH e Pirelli.

In che modo la sua nomina in Marangoni rappresenta una svolta nello stile di gestione dell’azienda?

DM: Il Gruppo Marangoni aveva bisogno di qualcuno che aiutasse a spingere la trasformazione, che era già stata decisa e che ha coinvolto sia il management che la famiglia. La nomina dei figli di Mario Marangoni, Vittorio alla presidenza e Giuseppe alla vice presidenza, rappresenta infatti il passaggio alla terza generazione.

Il nuovo approccio tende a separare con maggior chiarezza gli ambiti: da una parte la gestione del business e dall’altra la governance della famiglia. Il passaggio generazionale ha infatti portato a definire un disegno più in linea con i tempi, dove la responsabilità di controllare e garantire l’indirizzo strategico del Gruppo viene affidata ad un Consiglio d’Amministrazione, dove la famiglia è rappresentata, ma sono presenti anche delle personalità indipendenti e dove l’amministratore delegato deve provenire dal mercato, avere esperienza nel settore e una sua squadra di manager. È questa la transizione che sto seguendo negli ultimi mesi.

Come è lo stato di salute del mercato della ricostruzione?

DM: E’ la prima volta che opero in un’azienda di trasformazione e la sfida è molto stimolante. Ritengo infatti che il settore della ricostruzione stia vivendo un momento storico cruciale, perché c’è una grossa spinta verso l’alto dei costi delle materie prime – la gomma naturale in particolare, ma anche altri elementi che servono alla costruzione dei pneumatici – e quindi il mercato, sia del nuovo che del ricostruito, ha generato in questi mesi, soprattutto nel primo trimestre, un pre-buy significativo. La rete ha stoccato prodotti per evitare di subire ulteriori aumenti dei prezzi.

Nel medio-lungo termine, questo trend delle materie prime rappresenta una grande opportunità per il ricostruito, perché determina un maggior valore e una maggiore convenienza alla ricostruzione rispetto all’approccio ‘usa e getta’ dei pneumatici cinesi.

In cosa consiste il riposizionamento strategico del Gruppo Marangoni?

DM: Oggi Marangoni ha dismesso dei business collaterali per ri-centrarsi su quelli che sono invece i suoi core business storici: ricostruito e macchine per la produzione e ricostruzione di pneumatici.

La visione del Gruppo resta comunque quella di operare, con le sue competenze e specializzazioni, nell’ambito di un processo a lungo termine di economica circolare. Oggi tutto il know-how che viene coltivato e sviluppato all’interno del Gruppo Marangoni è di fatto perfettamente in linea con quella che è l’evoluzione dell’economica da lineare a circolare, con il riutilizzo massimo dei materiali e una maggiore efficienza nella gestione delle risorse.

Questa visione, che oggi è molto più enfatizzata rispetto al passato, quando l’azienda produceva anche pneumatici nuovi, è importante, perché dà la giusta prospettiva e indica la giusta direzione, in linea con la storia e con il mercato, a tutte le persone che lavorano in azienda e nelle reti commerciali di franchisee.

Quali sono oggi i mercati più interessanti per Marangoni?

DM: In termini di footprint, le Americhe restano mercati importanti, perché il rapporto tra ricostruito e nuovo è vicino all’unità. In Europa il rapporto è invece un po’ inferiore, anche perché non esiste alcun tipo di scudo di difesa nei confronti dei pneumatici di grandi dimensioni che arrivano dalla Cina e quindi la ricostruzione entra spesso in competizione con il nuovo d’importazione.

Nei mercati fondamentali per la ricostruzione, Marangoni è presente con market share importanti e una reputazione del brand molto forte. Ci sono poi dei mercati con grandissimo potenziale, in cui Marangoni è presente con delle joint venture già affermate: Argentina, Russia e Sudafrica. Mentre nei mercati in crescita, dove non siamo ancora presenti, stiamo investendo sia in management che in attrezzature e reti commerciali. Ci attiviamo quasi sempre con dei partner locali, mantenendo in ogni caso la maggioranza. Marangoni ha infatti la leadership e l’esclusiva della tecnologia, unica al mondo, dell’anello Ringtread e, dove è presente questo tipo di tecnologia, l’azienda ha sempre, come minimo, la maggioranza delle quote.

La Cina potrà diventare un mercato interessante per Marangoni?

DM: In Cina Marangoni è sempre stata presente con un’antenna e pensiamo che nel futuro la Cina diventerà il più grosso mercato per la ricostruzione. Naturalmente è un mercato da costruire partendo da zero, perché oggi, essendoci una grossa sovra-capacità produttiva, dovuta al fatto che il Governo cinese e molti Governi delle provincie hanno sovvenzionato la costruzione di impianti, i cinesi possono e devono vendere a prezzi molto bassi, a livello di dumping. Ci vorrà del tempo per riuscire a riassorbire questa situazione, ma ci sono già dei chiari segnali, anche da parte del Governo, che è iniziato il processo di ridimensionamento della capacità produttiva del nuovo e che sta crescendo la sensibilità al recupero e al riciclo. Ci vorrà tempo, ma questa è una tendenza confermata da molti esperti del settore.

Dunque la ricostruzione è destinata a crescere nel futuro?

DM: Ci sono diversi studi, anche recenti, che sostengono l’affermazione di modelli di economia circolare e quindi anche lo sviluppo della ricostruzione. Secondo alcune analisi, dobbiamo però soffrire questa forte concorrenza con il nuovo ancora per un po’. E’ chiaro che, fintanto che questa sofferenza è sentita ed è vicina nel tempo, l’impressione è che possa protrarsi ancora. Io credo però che il settore sia destinato a un rilancio significativo. Ci sono troppe ragioni di razionalità economica che lo dimostrano.

Questa è la sfida di una famiglia e di un Gruppo che vogliono rinnovarsi, con una nuova consapevolezza delle proprie competenze e una maggiore focalizzazione sui core business.

Il processo di transizione generazionale è già stato completato, non solo nella famiglia, ma anche nel management, che è stato rinnovato, attingendo soprattutto a quei talenti interni che negli anni hanno maturato moltissima esperienza. Stabilire una successione a persone storiche e carismatiche dell’azienda è sempre un passaggio molto delicato e difficilissimo da gestire dall’interno, perché passione, legami ed esperienze comuni rallenterebbero inevitabilmente il processo e le decisioni. Scegliere qualcuno dall’esterno ha invece consentito un’accelerazione significativa adesso, dopo un periodo che ha tenuto un po’ l’azienda col fiato sospeso, siamo pronti ad affrontare il futuro.

La nuova frontiera è l’economia circolare e, in quest’ambito, il business della ricostruzione è particolarmente dinamico e stimolante, perché ci sono più idee e domande che risposte e perché il momento attuale è proteso verso il futuro.

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