Nubi su Rovereto – Marangoni ridimensiona l’headquarter

Marangoni ridimensiona la sede di Rovereto, ma i licenziamenti, che secondo quanto dichiarato dalla stampa locale dovrebbero essere 120/150, pari a metà dell’organico, saranno invece meno. Lo ha dichiarato l’amministratore delegato dell’azienda, Massimo De Alessandri, definendo “speculazioni” gli articoli apparsi sulla stampa locale negli ultimi giorni. Non è tuttavia ancora stato definito il numero di licenziamenti necessari, che dipenderà – spiega l’azienda – dalle risposte del mercato.

La difficile sostenibilità della produzione a Rovereto non è del resto cosa nuova: già nel giugno 2013, dopo scioperi e trattative, l’azienda si era impegnata a mantenere l’organico della sede di Rovereto fino al 2016 e la sede legale, operativa, commerciale e produttiva fino al 2024, a fronte di  un contributo da parte della provincia di 1,6 milioni di euro su un progetto di investimento di 4,86 milioni per l’utilizzo di nuove tecnologie.

Il 2016 è arrivato e, visto anche il permanere della pressione della concorrenza delle gomme cinesi su tutto il settore industriale della ricostruzione, gli attuali circa 290 dipendenti Marangoni temono per il loro posto di lavoro, anche perché hanno letto, appunto sulla stampa locale, che l’amministratore delegato Massimo De Alessandri, definisce la situazione aziendale “sempre più difficile” e che è probabile un piano di licenziamento del 50% della forza lavoro. Ieri sono infatti stati organizzati dalle sigle sindacali Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec uno sciopero e un incontrato il vicepresidente e assessore allo Sviluppo Economico e Lavoro della Provincia autonoma di Trento, Alessandro Olivi, protagonista dell’accordo del 2013. Dalla riunione è nato l’impegno congiunto ad aprire un tavolo di confronto con l’azienda nei prossimi giorni, in cui Olivi chiederà “un piano industriale di medio periodo che chiarisca i progetti del gruppo su Rovereto”, perché “un dimezzamento delle forze lavoro in fabbrica significherebbe uno smembramento della stessa e non è socialmente sostenibile”.

Massimo De Alessandri, CEO di Marangoni
Massimo De Alessandri, CEO di Marangoni

L’amministratore delegato di Marangoni, Massimo De Alessandri, ha però dichiarato alla nostra redazione che quanto riportato dalla stampa non è altro che “pura speculazione” promossa dai lavoratori precari e dai sindacati.

Il Gruppo Marangoni, essendo specializzato nel business della ricostruzione, soffre, come le altre aziende del settore, dell’imponente importazione di gomme cinesi, nonostante abbia beneficiato negli ultimi anni di sostegni pubblici per alcune decine di milioni di euro, aiuti che, come molti notano con disapprovazione, sono stati prevalentemente investiti all’estero e non in Italia. Complessivamente, negli ultimi dieci anni, l’azienda ha ricevuto, a vario titolo, 60 milioni di euro: 40 milioni sotto forma di leaseback, 15 milioni in contributi sugli investimenti e 5 milioni, lo scorso settembre, tramite acquisto obbligazionario. Naturalmente, tutti questi aiuti pubblici avevano una condizione: garantire almeno 300 posti di lavoro a Rovereto.

Lo scorso agosto, inoltre, vista la dismissione nel 2013 del business dei pneumatici nuovi e la chiusura dello stabilimento di Anagni, Marangoni aveva concordato con le parti sociali e le autorità la cassa integrazione straordinaria, a zero ore, a rotazione per 50 operai di Rovereto.

La scorsa estate venne inoltre annunciata una riduzione di 50 posti per l’agosto di quest’anno e poco prima di Natale era stato detto, durante un incontro con i rappresentanti dei lavoratori, che un totale di 80 dipendenti sarebbero stati lasciati a casa. Poi è arrivata dalla stampa locale la notizia scioccante di questi giorni, che è stata causa dello sciopero di ieri: il Gruppo intenderebbe tagliare tra i 120 e i 150 posti di lavoro. E da qui ha preso il via il movimento di indignazione contro l’azienda e il management. In tutta la regione vi è infatti una grande preoccupazione per capire se il sito di Rovereto abbia un futuro oppure no e, se ce l’ha, che tipo di futuro possa essere.

La decisione di cessare la produzione di gomme solide a Rovereto era stata assunta già alla fine dello scorso anno e, di conseguenza, la struttura produttiva era stata trasferita in Sri Lanka. De Alessandri spiega che l’azienda ha mantenuto la produzione in Italia per molto tempo, nonostante il 70% di questo tipo di produzione fosse già nel subcontinente indiano e principalmente in Sri Lanka, dove Marangoni ha già una fabbrica. La chiusura della divisione a Rovereto costerà, nei prossimi 24 mesi, 30 posti di lavoro e la debolezza del segmento della ricostruzione rende l’amministratore delegato scettico sul fatto che questi operai possano essere dislocati in altre divisioni.

In ogni caso il numero uno di Marangoni ha confermato ufficialmente almeno 80 licenziamenti a Rovereto, più di un quarto della forza lavoro della sede centrale, ma De Alessandri sottolinea che non vi è intenzione di tagliare addirittura 150 posti di lavoro, come ha dichiarato, in alcuni casi, la stampa locale speculando.

De Alessandri assicura invece che non ci sono a Rovereto, “nel medio termine, piani per ulteriori chiusure o trasferimenti della produzione”. Il manager esprime inoltre solidarietà per i lavoratori e i sindacati di Rovereto, comprendendone il “senso di paura” e afferma anche che lui stesso nutre delle preoccupazioni su come potrà svilupparsi in futuro il business della ricostruzione in Europa.

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