E adesso Pirelli “vendesi”

Come abbiamo già riferito venerdì scorso, il CEO di Pirelli Marco Tronchetti Provera, la cui famiglia è il primo azionista della società, ha intenzione di ritirarsi del tutto dall’azienda, prima come amministratore delegato e poi come socio azionista. L’unico tema su cui si possono fare delle ipotesi è entro quando questo avverrà, anche se Tronchetti stesso ha citato l’anno 2017.

In tutte le sue attività industriali Tronchetti, genero di Leopoldo Pirelli, finora è stato strettamente legato al gruppo che produce pneumatici e pertanto la sua decisione di lasciarlo lascia gli osservatori del mercato sorpresi. Da un certo punto di vista sembra essere una decisione basata su considerazioni personali. Tronchetti, padre di tre figli, non ha evidentemente trovato un degno  successore in famiglia, pertanto non gli resta che ammettere oggettivamente che l’imprenditorialità non si eredita con il sangue.

Nel corso della sua carriera professionale, Tronchetti ha dimostrato che non è necessario possedere totalmente un’azienda per poterla controllare totalmente. Il sistema industriale italiano è stato per decenni simile a quello di altri Paesi europei, come la Germania, dove le grandi società detenevano piccole percentuali del capitale sociale l’una dell’altra e votavano insieme nelle assemblee degli azionisti. Questo sistema rendeva impossibili le acquisizioni non gradite. Ma mentre in Germania istituzioni come la Deutsche Bank o Allianz erano le capogruppo, a Milano i fili erano tenuti da Mediobanca, un istituto d’investimento potente, anche se relativamente piccolo nel confronto internazionale, il cui leggendario co-fondatore e CEO era un’eminenza grigia e continuò ad esercitare il suo potere anche in età avanzata. Quanto Pirelli lottava per la sopravvivenza, dopo il fallito tentativo di acquisizione di Continental, Enrico Cuccia, che allora 85enne si recava tutti i giorni a piedi nel suo ufficio, offrì a Tronchetti sia il luogo che il tempo sufficiente per poter riorganizzare il Gruppo.

Ma i tempi cambiano. La globalizzazione in Germania ha cambiato questo meccanismo e anche in Italia il sistema di interconnessione tra famiglie industriali è alla fine. Per le famiglie molto facoltose ci sono opportunità migliori che partecipare con piccole quote nel capitale sociale di questa o quell’azienda. Il potere delle famiglie è terminato. L’orientamento strategico delle aziende non viene più stabilito a porte chiuse. E questo lo ha dimostrato l’anno scorso anche Pirelli. Tronchetti infatti è stato ancora una volta capace di vincere una lotta di potere contro un competitor difficile, il cui esito alla lunga non poteva essere previsto da nessuno.

Tanto è sorprendente la decisione della famiglia industriale Tronchetti di voler uscire da Pirelli, quanto è sconcertante il lasso di tempo dichiarato. Attualmente le azioni Pirelli sono ad un massimo storico di quasi 12 euro; nel maggio 2013 erano attorno ai 7 euro. Non è quindi un idea poco allettante, con la quotazione attuale, più il premio di vendita in blocco, dire addio a Pirelli. Ma chi può dire quale sarà il valore delle azioni fra tre anni? Inoltre non ha assolutamente senso annunciare l’intenzione di vendere con anni di anticipo. E nessuno lo sa meglio di Marco Tronchetti Provera. I giochi dunque sono iniziati. Non resta che attendere per vedere chi si farà avanti con un’offerta.

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