Il termine “Gommista” piace al 64% degli operatori del settore

Svalutato, vecchio, in via di estinzione, ma ancora molto amato. Ai nostri lettori piace ancora farsi chiamare “gommista”. Il 63,9% di loro (360 voti) ha infatti risposto “sì” alla nostra domanda del mese “Ti piace il termine gommista? Che, con gli altri due quesiti che la accompagnavano (“Ti piacerebbe un’altra definizione?” e “Quali sinonimi ti vengono in mente?”), ha dato il via ad un vibrante confronto online sulla percezione e sulla (mancata) valorizzazione della professione. “Siamo carbonai”, provoca Antonio da Napoli, che rincara poi la dose proponendo il termine “Gianburrasca”, visto che i gommisti, ormai, secondo lui “Comprano le attrezzature per far divertire gli altri”. Un riferimento, quello ai gommisti più o meno improvvisati che negli anni hanno contribuito a far svalutare la professione, che è un po’ il leit motif dei commenti. C’è chi, come Luigi51 (supportato da Alessio Spaggiari) si appella al rispetto della legge 122/92, e chi, come Antonio71, pensa sia necessario distinguere tra il “vero gommista” e il “calzolaio”, ovvero colui che solamente vende e monta le gomme, senza conoscere a fondo il mestiere. “Chiunque tratta gomme si chiama gommista – fa eco Francesco Benvenuto -ma è necessario fare una vera selezione e chiamare “professionista del pneumatico” chi veramente di gomme ne sa”.

Leggendo i commenti si nota come per la categoria sia importante distinguere il semplice commerciante di gomme dall’artigiano, colui che, come ricorda Giuseppe, “Una volta sapeva mettere le toppe, aggiustare una camera d’aria, fare una convergenza come si deve. Oggi le gomme si cambiano “per legge” e il gommista diventa così un semplice commesso”. “Gommista o gommarolo”, quindi, come si chiede VivoLaVita? La distinzione pare essere fondamentale, per ridare dignità ad una professione, e quindi ad un termine, che spesso viene associato a “sporco e disordinato”, come fa notare Luca. Ma se, come controbatte Ettore, “Gommista va bene, perché se ti sporchi le mani vuol dire che lavori” il rischio è diventare “tirapiedi del web”.

Puntare sulla qualità del servizio e sulla valorizzazione dell’attività artigiana, quindi, trasformare il gommista in “pneumatologo”, come propone, con un’azzeccato neologismo lo stesso Ettore, altrimenti il rischio è di diventare non tanto “ingegneri”, come dice Marco, ma “sottoproletari specialisti”, come paventa Alex, o, peggio ancora “semplici operaiacci”, come osserva AndreaBg.. In ogni caso, per molti di loro la colpa della svalutazione dell’attività è dei gommisti stessi, come spiega Nicola Pneus: “Se non si fa pagare il servizio significa che ciò che facciamo non vale nulla”.

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