Mercato

La chiusura di Amiens è inevitabile, quali le prospettive?

In assenza di acquirenti sembra inevitabile la chiusura dell’impianto produttivo Goodyear di Amiens nord. E il governo francese si trova di fronte al rischio della perdita di 1200 posti di lavoro.

Secondo varie notizie reperibili sui media francesi, la chiusura sembra l’unica opzione rimasta sul piatto dopo che l’Agenzia francese per gli investimenti internazionali (Afii) ha contattato 57 potenziali acquirenti, dei quali solo otto si sarebbero detti interessati all’acquisto. Di questi, due hanno presentato offerte non vincolanti e sono stati firmati cinque accordi di riservatezza, ma il Ministero per la riconversione economica, dopo un’attenta analisi ha concluso che “nessuno dei candidati è in grado di presentare un’offerta vincolante”. “Tenendo conto del forte impatto negativo sul personale e sull’economia della regione causato dal disimpegno di Goodyear – ha fatto sapere il ministero attraverso un comunicato – abbiamo chiesto alla società di proporre delle soluzioni alternative, permettendo ai lavoratori che saranno licenziati di trovare un nuovo impiego il più velocemente possibile. Dal canto suo lo Stato si impegnerà con le regioni e gli operai per sostenere ogni progetto di reindustrializzazione che si avvierà, salvando il maggior numero possibile di posti di lavoro”.

Così, adesso che l’inevitabile sembra stia effettivamente accadendo, quali saranno gli effetti a catena della chusura dello stabilimento Goodyear di Amiens? A parte il fatto che questa mossa molto discussa ha reso più appetibile per tutti i principali produttori alimentare lo spettro di potenziali programmi di razionalizzazione (da intendere come chiusura di fabbriche), parlando in termini di equilibrio tra domanda e capacità di produzione in Europa, questo significa un impatto diretto sul totale dei volumi di produzione.

Secondo gli analisti finanziari della Deutsche bank, la chiusura dell’impianto porterà la capacità di produzione totale di pneumatici nell’Europa occidentale a 33 milioni di unità nel corso degli ultimi cinque anni , dato che l’impianto di produzione di pneumatici per auto e light truck di Amiens ha una capacità produttiva di 5,5 milioni di unità all’anno.

Nel corso degli ultimi cinque anni le grandi case produttrici hanno ridotto di 34 milioni di unità la capacità produttiva in Europa occidentale, ma allo stesso tempo hanno aumentato la produzione di pneumatici in Europa centrale (Polonia, Romania, Serbia, Repubblica Ceca) di 33 milioni di unità. Per mettere questi dati nella giusta prospettiva, Deutsche bank ha stimato che il mercato dei pneumatici per auto in Europa occidentale negli ultimi 5 anni è rimasto stabile a circa 275 milioni (65 milioni di pneumatici di primo equipaggiamento e 210 milioni per il mercato dei ricambi).

Pertanto, nel corso degli ultimi cinque anni l’industria Michelin, Continental, Pirelli, Bridgestone e Goodyear ora hanno chiuso 34 milioni di unità di capacità di produzione di pneumatici in Europa occidentale. Allo stesso tempo, l’industria ha costruito 33 milioni di unità di nuova capacità in Europa centrale (in particolare Polonia, Romania, Repubblica Ceca, Serbia). Per mettere questo in prospettiva, Deutsche Bank stima che il mercato dei pneumatici in Europa occidentale passeggero è rimasto stabile a circa 275 milioni (65 milioni di pneumatici per primo equipaggiamento e 210 milioni per il mercato del ricambio) per gli ultimi 5 anni.

Il motivo risiede nell’alto costo del lavoro: i pneumatici prodotti n Europa occidentale “costano” circa 8 euro a pneumatico e continuano a soffrire la concorrenza di prezzo delle importazioni cdi prodotti cinesi, stimati in circa 50 milioni di unità (un dato raddoppiato negli ultimi 5 anni). Pertanto i produttori di pneumatici si espandono in Europa centrale, dove il costo del lavoro è notevolmente minore e vale circa 2 euro a pneumatico.

Pur non dubitando di questi dati di fatto, c’è chi pensa che questa tesi sia un po’ troppo semplicistica. Parlando nel corso della 29esima Conferenza globale dell’industria dei pneumatici alla Clemson university, Dennis McGavis, direttore della divisione sostenibilità globale per Goodyear, ha parlato di come le multinazionali come Goodyear si trovino ad affrontare un cambio di paradigma per restare competitive nel mercato globale del secondo decennio del 21esimo secolo, che non è più il lineare gioco a somma zero di prima.

Una volta – ha spiegato McGavis – il commercio globale si basava sulla crescita delle posizioni nei paesi sviluppati. Era tutta una questione di “fare lì e vendere qui”, oppure “fare qui e vendere là”, a seconda dei casi. Ma oggi, con la crescita esponenziale delle cosiddette economie emergenti, alcuni paesi che fino a poco tempo fa erano chiamati “terzo mondo” e che hanno appena terminato di ricevere aiuti per lo sviluppo si trovano al posto di guida. Di conseguenza ora il 2nuovo mantra è un po’ più complicato: “fare qui, vendere là, fare lì e vender qui, fare lì e vendere lì”. E con i ritmi di crescita dei paesi emergenti è proprio l’ultimo punto ad acquisire importanza.

Nessuno può negare che il crollo della domanda nei mercati maturi e la questione di combinarla con la capacità di produzione sia una questione da affrontare. Ma la chiusura di una fabbrica non è semplice come chiudere un piccolo negozio, come potrebbero pensare alcuni analisti. Innanzitutto i produttori di pneumatici hanno dimostrato di doversi assumere la grave responsabilità aziendale e sociale di aiutare nel corso degli anni coloro che non hanno più lavoro a diversificare e anche a creare nuove imprese in proprio. Ma oltre ad argomenti filosofici, la storia recente insegna che le chiusure stesse sono costose e complicate.

Ad esempio, prendendo sempre Goodyear come caso di studio, il 10 aprile è emerso un procedimento che ha avuto luogo ad Akron, in Ohio, dove Goodyear Tire and Rubber Co. È stata citata in giudizio da parte dei lavoratori francesi, i quali sostengono che i piani di chiusura della fabbrica di Amiens vìolano le leggi di entrambi i paesi. Michael Wamen, un dipendente, e il comitato aziendale centrale (un organo eletto dai dipendenti a rappresentarli), hanno presentato il 9 prile una denuncia al tribunale dello stato di Akron, Ohio, chiedendo 4 milioni di dollari come risarcimento danni e lo stato di class-action per questo caso. I dipendenti sostengono che la parent company ha interferito nel loro rapporto con l’unità francese contro le leggi dell’Ohio. Inoltre, è stato deciso di presentare la denuncia negli Stati Uniti perché l’accusa è che il procedimento illecito si sia verificato nella sede Goodyear ad Akron.

I grandi produttori di pneumatici possono voler o dover chiudere certe unità per motivi economici, ma considerazioni pratiche e filosofiche dimostrano che questo non è affatto semplice e – finora – non si è trovata spesso una “terza via” per uscire da quest’impasse.

© riproduzione riservata
made by nodopiano