Il Ministero fa chiarezza, con una circolare bizantina, sui contributi dei PFU

Definirla arzigogolata è un eufemismo. La circolare, con cui il Ministero dell’ambiente vorrebbe fare chiarezza su alcuni adempimenti del sistema di gestione dei PFU, di chiaro ha molto poco e risulta anzi quasi illeggibile anche agli addetti ai lavori. Questo atavico malcostume della burocrazia italiana, purtroppo, anziché aiutare le imprese e i cittadini ad osservare le leggi, li mette in croce e li costringe a spendere tempo e denaro per tradurre il burocratese e comprendere cosa lo stato vuole da loro, lasciando ampi e comprensibili margini di errore nell’interpretazione.

In ogni caso cercheremo di sintetizzare la circolare che il Ministero, in seguito alle richieste di chiarimento pervenute nei propri uffici, ha pubblicato il 10 ottobre e che contiene delle “indicazioni sulle modalità di osservanza degli obblighi di versamento del contributo ambientale” dei PFU. Per i più coraggiosi la circolare è disponibile, in formato pdf, alla fine dell’articolo.

La legge prevede che produttori e importatori di pneumatici provvedano, singolarmente o in forma associata, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso pari a quelli da loro stessi immessi sul mercato e destinati alla vendita in territorio nazionale e, per coprire i costi di tale operazione, ha introdotto il contributo a carico degli utenti finali. Con questa circolare, il Ministero allarga di fatto il concetto di “immissione sul mercato” – e quindi l’obbligo di pagare il contributo ambientale – dall’atto contrattuale di vendita all’intenzione di vendita.

Ai fini della definizione del target di raccolta e del versamento del contributo, il Ministero chiarisce infatti che i pneumatici coinvolti sono sia quelli “immessi sul mercato”, sia quelli “destinati alla vendita sul territorio nazionale” e per “destinati alla vendita” il Ministero intende non solo i prodotti immediatamente destinati alla vendita, ma anche “prodotti da vendersi in un momento successivo”. Pertanto, anche se la commercializzazione del pneumatico al cliente finale non è diretta ed immediata, la sola circostanza della “cessione a qualsiasi titolo da un produttore o da un importatore” è sufficiente a far insorgere l’obbligo di legge.

Per quanto riguarda invece gli “esportatori abituali” che acquistano da soggetti italiani pneumatici da stoccare in Italia in vista di successive esportazioni, il Ministero, “per evitare che sorgano situazioni di incertezza in ordine all’assoggettabilità al contributo (…) o alla sua eventuale rimborsabilità a posteriori”, richiede comunque il versamento del contributo, che potrà essere successivamente rimborsato a fronte di documentazione valida anche ai fini fiscali.

  Scarica la Initiates file downloadCircolare del Ministero dell’Ambiente 01/T.R.I. di ottobre 2012-10-16

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